AUGUSTO MURER 1922 - 2022

a cura di Serenella Minto

augusto murer 1922 - 2022

A Longarone Fiere la celebrazione del centenario della nascita di Augusto Murer
Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Augusto Murer che è stato uno dei maggiori protagonisti della scultura italiana del Novecento.
Nato il 21 maggio del 1922 a Falcade, in provincia di Belluno, Murer non si sposterà mai dai monti di casa, e il paese natale resterà il luogo principale e l’epicentro della sua attività artistica. Poeti e importanti autori nel campo dell’arte e della cultura salivano verso le montagne agordine per incontrarlo nel suo laboratorio immerso nell'aria fine e resinosa dei boschi e nell'incastro perfetto di verde e azzurro tra il cielo e le linee dolci dei promontori.
E proprio qui, a Falcade, che l’artista volle lasciare testimonianza di sé e del suo lavoro, disponendo che il suo atelier, costruito in mezzo ai boschi, diventasse un museo. Nel 1972 l'architetto Giuseppe Davanzo progetta e realizza il nuovo studio e laboratorio di Murer che, alla morte dell'artista avvenuta nel 1985, diventerà la sede di un museo e centro di arte e di cultura che conserva i suoi disegni, gli schizzi preparatori per le sculture, i bassorilievi, e una parte delle opere scolpite nel legno e quelle fuse in bronzo.
Il paesaggio che circonda il suo studio e il laboratorio di scultura è particolare, e non soltanto per la spettacolare veduta d’insieme ma perché i boschi, le valli e i picchi aguzzi hanno costruito, già nella mente e nel suo cuore di bambino, l'idea di un mondo in perfetta armonia. Percepire in questo modo l'ambiente ricco di pianori, forcelle, passi e montagne è l'antefatto, ovvero, la scoperta di un nuovo mondo e Murer fu, per prima cosa, un intagliatore di elementi naturali come il legno, essenza arborea cresciuta tra acqua e roccia nelle fratte ombrose delle valli.
L'odore dell'erba appena tagliata nei prati ai piedi dei monti, che diventava un profumo in cui si mischiavano i fiori d'alpeggio con l'aria scaldata dal sole, e ascoltare il mormorio dell'acqua del torrente Biois, che scende limpida e ghiacciata verso valle e la pianura, era scoprire l'armonia di suoni che la natura aveva creato. Camminare lungo i sentieri nei boschi era ritrovare l'ombra e la frescura delle chiese e delle cattedrali gotiche viste in pianura; vedere la luce notturna delle stelle e della luna dall'alto delle vette era come poter raggiungere l'intero firmamento stendendo le braccia verso il cielo. Questo fu lo scenario della sua formazione giovanile che ebbe una svolta importante su due fronti: la frequentazione della scuola d’arte di Ortisei e l’incontro, breve ma importante, con Arturo Martini a Venezia.
Poi, nel suo confrontarsi col mondo, in Augusto Murer emerge sempre il desiderio di seguire una tradizione scultorea che si lega al reale, e anche l’impossibilità di liberarsi della padronanza del vero per essere compreso da tutti, soprattutto dalla sua gente.
Il lavoro sulla carta, nel disegno e nell’incisione, gli permette di esprimere con immediato vigore forme solide e compatte di gusto arcaizzante, mentre sul legno la sua è una continua ricerca di un segno libero che segue le armonie e gli anfratti di un tronco senza più radici ma nella composizione interna, dove scorreva la linfa vitale dell’albero, la materia è come fosse ancora viva, ha soltanto assunto un’altra forma.
Augusto Murer non fu soltanto un grande scultore ma anche un uomo generoso e ospitale; un intellettuale che credeva nella forza della natura e nella creatività dell’arte per arrivare a un riscatto dell’umanità ferita. Si immerse nella storia del suo tempo: ne sono testimoni le sue vicende personali e l’interesse per la migrazione delle genti delle valli e del Veneto alla ricerca di luoghi, anche molto lontani, dove poter vivere e lavorare. Si interessa e disegna i minatori della miniera di carbone della Val Imperina, nella conca agordina, e quelle storie lo portano verso i temi sociali e di denuncia dei troppi sacrifici della classe dei lavoratori. Trascrive sui fogli l’immane tragedia dei minatori italiani morti a Marcinelle in Belgio che, ancora oggi, è una delle più grandi sciagure del lavoro.
Per esprimere soggetti e temi legati alla tragedia della guerra lavora il bronzo, ed ecco i grandi monumenti come quello intitolato alla Vittoria realizzato nel 1968 a Vittorio Veneto; la grande figura in bronzo del 1974 sulla sommità del Grappa; i bassorilievi in bronzo delle porte della cattedrale di S. Pellegrino di Caxias do Sul in Brasile del 1974; il celebre monumento alla “Partigiana”, collocato lungo la Riva dei Giardini a Venezia, che conduce alla Biennale, e realizzato in collaborazione con Carlo Scarpa, che creò il basamento per far sì che il corpo disteso sulla pietra fosse sfiorato dall’acqua di laguna come se galleggiasse.
Serenella Minto